Il territorio italiano, negli ultimi anni sembrerebbe (erroneamente) interessato da eventi alluvionali e franosi di magnitudo e frequenza superiori a quelli dei decenni passati.

Non e’ questa la realta’ dei fatti. Basterebbe guardare le “Carte della popolazione a richio alluvioni e frane” redatte nel 2015 dall’ISPRA (Istituto Superiore per la ricerca e la Protezione ambientale) per avere un’idea sul l’esposizione al “rischio” della popolazione sul territorio.

Si evince chiaramente, nel caso delle alluvioni relative un livello di pericolosita’ P2 ( periodo di ritorno tra 100 e 200 anni), che mediamente il numero di abitanti esposto e’ pari a circa 6.000.000 (circa il 10% della popolazione totale).

Lo stesso ordine di grandezza interessa la popolazione esposta al rischio frana.

 

Nonostante questi dati, l’antropizzazione dettata dalla speculazione economica, ha generato vere e proprie aree metropolitane in porzioni di territorio dove i nostril avi si guardavano bene dall’ insediarsi, consapevoli del “rischio” alluvioni e frane, che si tramandavano “da padre in figlio”.

L’impermeabilizzazione selvaggia di ampie porzioni del territorio ha poi contribuito a rendere senz’altro peggiori gli effetti di questi fenomeni, diminuendo sensibilmente la capacita’ del terreno di trattenere una importante componente della precipitazione meteorica ed aumentando rovinosamente il fenomeno della corrivazione.

Il “day after” eventi alluvionali e franosi, si continua a parlare di defezioni, errori, e potenziali soluzioni, quando invece il territorio, chiaramante ci chiede solo di rispettarlo, come facevano le generazioni che ci hanno preceduto, antropizzando solo le aree a minore rischio. Qualora, tuttavia fosse indispensabile esporre la popolazione a questi rischi, e’ indispensabile realizzare opere di difesa in grado di attenuare efficacemente gli effetti di tali eventi, a fronte di un costo economico spesso rilevante.

 


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