Un nuovo modo di concepire la “carta d’identità” delle costruzioni.

Tra le problematiche che in questi ultimi anni hanno riguardato il settore delle costruzioni rientrano certamente la sicurezza dei fabbricati ed il risparmio energetico.
La prima si evidenzia spesso con eventi traumatici, che colpiscono principalmente costruzioni datate o mal costruite per le quali si trascurano manutenzione e controllo.
Il tema del risparmio energetico nel settore dell’edilizia si impone come vera e propria emergenza in quanto responsabile del 40% dei consumi totali di energia.

Più in generale il nutrito sfondo di protocolli, normative e dichiarazioni presenti nella Comunità Europea, delinea un contesto nel quale la variabile “ambiente” entra con forza a far parte dei requisiti progettuali nel settore delle costruzioni.
Il problema della perniciosa condizione dei fabbricati e delle infrastrutture in generale si pone con particolare urgenza per il patrimonio edilizio italiano.

Secondo elaborazioni Censis e censimento Istat, a causa di una serie di fattori di pericolosità quali la obsoleta condizione delle costruzioni, la cattiva qualità dei sistemi strutturali e la scarsa manutenzione degli immobili, sul territorio nazionale vi sono circa 3 milioni e mezzo di abitazioni potenzialmente a rischio di crolli . A ciò va aggiunta la tardiva classificazione sismica avvenuta in alcune zone, nelle quali, quindi, gran parte delle strutture realizzate non è rispettosa delle prescrizioni sismiche attuali.

Il patrimonio edilizio italiano è per la maggior parte costituito da sistemi di non recente costruzione.

Oltre ad un gran numero di edifici “storici” di intrinseco valore culturale, sul territorio italiano sono presenti elevatissime percentuali di edifici ed infrastrutture che hanno superato i limiti usuali stabiliti nella vita utile di progetto.
Facendo riferimento all’epoca di costruzione del patrimonio residenziale (vedi grafico), ci si rende conto delle generali condizioni di degrado che lo caratterizza: della totalità del patrimonio residenziale, infatti, circa il 19% costituisce patrimonio storico (ante 1919), circa un quarto è costituito da edifici con oltre quaranta anni di età, mentre solo il 18% da edifici costruiti negli ultimi venti anni.

Altro fattore di rischio è certamente la scarsa qualità delle costruzioni, da imputarsi al rapido accrescimento edilizio avutosi nel secondo dopoguerra, spesso, peraltro, non accompagnato da una pianificazione urbana mirata.
Va considerato che nel 1941 il patrimonio edilizio era costituito da 10,7 milioni di abitazioni divenute 19,7 milioni nel 1991, mentre dal 1991 al 1998 si sono realizzati ulteriori 2 milioni di alloggi. Il boom edilizio della fine degli anni ’60 ed in genere la rapida ed improvvisata urbanizzazione di quell’epoca, nella quale hanno trovato ampio spazio fenomeni di abusivismo edilizio, è dunque causa di un maggiore rischio diffuso sul territorio.
Non da ultimo, va considerata l’influenza normativa sui principi progettuali e costruttivi adottati; la tardiva zonazione sismica di alcune aree comporta la presenza sul territorio di una alta percentuale di costruzioni che non rispettano le attuali prescrizioni sismiche (circa il 60% del costruito è stato progettato e realizzato in assenza di specifiche normative antisismiche), dunque potenzialmente vulnerabili.
Il tipo di materiale utilizzato maggiormente è la muratura portante.

Si pongono, quindi, con particolare evidenza, i problemi della valutazione dell’effettivo rischio connesso al degrado, alla scarsa qualità edilizia ed in definitiva alla vulnerabilità intrinseca del patrimonio edilizio.

Alla luce di queste valutazioni, considerando che di solito un edificio vetusto consuma energia ed è nel contempo pericoloso, la situazione dello stato attuale del nostro patrimonio immobiliare produce certamente due effetti concomitanti e speculari:

– insicurezza dei fabbricati e rischi per gli utenti;
– consumi energetici rilevanti.

Molti sono stati, nel nostro Paese, gli eventi tragici causati da improvvisi crolli di fabbricati che hanno provocato numerose vittime.
Il 14 luglio del 1994 crolla improvvisamente una parte della casa di riposo di Motta Visconti tra Milano e Pavia causando ventotto morti; il 16 dicembre del 1998 il crollo di una palazzina di via Jacobini a Roma uccide 27 persone; l’11 marzo del 1999 a Palermo tre persone muoiono sotto le macerie di un palazzo; a Foggia l’11 novembre del 1999 il crollo di una palazzina in viale Giotto 108 registra 67 morti.

Gli edifici pubblici non sono esclusi da simili tragedie; il 16 dicembre 2008 la scuola elementare di Naro (Agrigento) viene evacuata a causa del cedimento di parte della copertura, fortunatamente senza vittime poiché gli alunni in quel momento non erano all’interno delle aule; il 28 novembre del 2008 ad Aqui Terme crolla il tetto di una palazzina causato dal peso della neve; il 22 novembre 2008 nel liceo “Darwin” di Rivoli un giovane di 18 anni perde la vita a causa del crollo del contro soffitto di un’aula.
Variazioni di destinazioni d’uso, abusivismi edilizi, ristrutturazioni che determinano modifiche statiche o comunque non autorizzate, fabbricati staticamente inagibili ma comunque abitati, costruzioni non rispondenti alle norme vigenti in materia di rischio sismico, edifici pubblici privi di sistemi di sicurezza; queste sono alcune delle cause che determinano tragedie come quelle prima citate.
A queste però bisogna aggiungere l’assenza di un idoneo sistema di monitoraggio che dovrebbe essere eseguito sui fabbricati.
Il problema del monitoraggio del rischio è già stato approfondito in ambito europeo nel 1993 con l’introduzione del “fascicolo con le caratteristiche dell’opera”. Con l’adozione di tale elaborato ogni Stato membro dell’Unione Europea avrebbe avuto l’opportunità di controllare – attraverso la compilazione di sintetiche schede – lo stato generale del fabbricato.
Ancor prima, l’utilità di monitorare il patrimonio immobiliare non si è fatta attendere né dalla Francia, con l’istituzione nel 1977 del “libretto di manutenzione”,né dal Regno Unito con l’introduzione della “Health and Safety File” (schede di salute e sicurezza dl fabbricato).

In Italia, mentre il tema della sicurezza è legittimamente radicato nella tutela dei lavoratori durante l’espletamento delle attività (d.lgs. 81/2008 ex 494/96), argomenti che analizzano (in modo tuttavia inconsistente) l’evoluzione in termini di sicurezza del fabbricato si trovano nel piano di manutenzione.
L’evento tragico di via Jacobini a Roma fu un episodio nel quale ci si trovò a riflettere su come intervenire sui fabbricati al fine di monitorarli durante il loro ciclo di vita, al fine di evitare il verificarsi di altri fatti tragici.
In tale contesto il Comune di Roma delibera l’istituzione del Fascicolo del Fabbricato, documento che accerta lo stato di salute di un organismo edilizio.
Purtroppo tale strumento non ebbe lunga vita. Il Fascicolo del Fabbricato giunge alla sua definitiva sospensione con l’attuazione da parte del Consiglio di Stato dell’Ordinanza n°1480 del 27 marzo 2007.
Definire uno strumento capace di aggregare in un unico database informativo il complesso di dati che appartengono ad un manufatto edilizio è sicuramente l’obiettivo da raggiungere.

L’evoluzione della tecnica progettuale ha, nell’ultimo decennio, soppiantato il modo classico di progettare. Gli strumenti informatici di nuova concezione permettono la creazione di regole ed associazioni tra geometrie spaziali e dati, simulando il comportamento sia strutturale che energetico permettendo il controllo totale del progetto e della manutenzione del costruito.
In tale contesto la metodica BIM ha permesso di racchiudere in un unico “progetto” ogni dato appartenente all’opera nelle tre discipline (architettura, strutture, impianti). Il database di cui ne è costituito è personalizzabile e, quindi, ampliabile rispetto alle conoscenze di cui vogliamo disporne puntualmente. Ma non solo. Altro aspetto importante è lo studio di vaste aree che riguardano l’insieme delle informazioni puntuali nel BIM, le quali, archiviate in opportune banche dati informatizzate, possono consentire l’elaborazione e/o la valutazione di diverse problematiche da parte delle amministrazioni pubbliche interessate e finalizzate ad una migliore e più incisiva pianificazione del territorio, congiunto ad un più razionale impiego delle risorse destinate alla tutela della sicurezza della collettività.

Esempi di ulteriori possibili utilizzi del BIM sono:

– piani di emergenza di protezione civile;
– formazione/aggiornamento piani urbanistici;
– ottimizzazione risorse piani di recupero, etc.

Spesso, a seguito di eventi tragici, viene ancora oggi riproposta l’urgenza di adottare l’ormai obsoleto Fascicolo del Fabbricato quale strumento di riduzione del rischio trascurando l’innovazione delle tecniche e metodiche progettuali che hanno interessato il settore AeC negli ultimi dieci anni.

In definitiva:
l’unificazione della documentazione, depositata presso i vari Enti della P.A., su supporto informatico (in vista anche della informatizzazione della stessa P.A.), la semplificazione per il tecnico di reperire dati o elaborati inerenti un fabbricato al fine di eseguire interventi, il supporto decisivo per un costante monitoraggio del fabbricato sotto il profilo della sicurezza, l’efficace e appropriato supporto per la scelta dell’intervento (essa risulterà essere la più idonea in quanto verranno considerate variabili non percepibili con la sola ricognizione in sito), sono i principali effetti concomitanti e combinati che certamente possono scaturire con l’adozione del Fascicolo Generale del Fabbricato concepito ormai nella logica del BIM.

Ing. Donato Antonio Giordano


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